martedì 24 giugno 2008

Capitolo tre. Qasatapavaracamana

scacchineon

Fa la sua mossa, una mossa anche abbastanza canonica. Pedone di due caselle, e io che mi aspettavo chissà cosa.
Intanto mi parla del suo esercito di Bianchi.
"Non credo volessero veramente dichiararti guerra, ma sono stati costretti. Gli alfieri dicono che è necessario per buttar giù la tua tirannia"
"Ma che tirannia! i Neri stanno benissimo!"
La vedo sogghignare. "Ai miei alfieri, di questo, non gliene frega niente"

Quando faccio per rispondere alla mossa, la mano resta un po' troppo sospesa sul pedone che dovrei mandare avanti. Guardo la ragazza davanti a me. Non le ho ancora chiesto come si chiama, ma al momento mi sembrerebbe quasi fuori luogo. Per ora siamo generali nemici su un campo di battaglia. Ogni distrazione potrebbe costare la vita ai nostri uomini.
Lei mi guarda.
Poi inizia a raccontare. Sì, proprio a raccontare.

"Adesso che la guerra è davvero cominciata - dice - gli altri pedoni si mandano dispacci in un frenetico passaparola, per informare il Re di quanto succede sul campo di battaglia. Le torri si accendono dei fuochi di segnalazione, i cavalli corrono a perdifiato fino a palazzo. A corte, tutti vengono informati della resistenza dei Neri. Gli alfieri annuiscono ai lati, gravemente. I ribelli saranno stroncati una volta per tutte.
"Il Re, invece, è dubbioso: in fondo si sente vecchio, stanco e debole, e non vorrebbe davvero uno spargimento di sangue. La Regina gli tiene stretta una mano, per rassicurarlo. Lei sa cos'è meglio. Il Re è ormai mezzo cieco e non saprebbe vedere una casella più in là del suo naso. E' la Regina quella che vede sempre più lontano di tutti"

Quando finisce, mi fa un sorriso. "Che si dice, invece, dalle tue parti?"

Eh. Che si dice? Guardo per un attimo i miei pezzi, mi prendo un momento per pensarci su e capire come muovere. Ve lo dicevo, no, che non sono troppo bravo a scacchi. Le aperture, soprattutto. C'è gente che le studia: le partite con loro diventano un duello di forme, in cui ci si sfida con schemi d'attacco codificati. E il primo che fa un errore potrebbe aver perso l'intera partita. Come quegli scontri tra samurai, avete presente? quelli dei film. Dove uno dei due avversari riconosceva la sconfitta solo per essersi messo in una guardia sbagliata.
Beh, suppongo possiate intuire che non è il mio caso. E le prime mosse sono le peggiori, ancora slegate come sono dallo scambio di attacchi e difese. Quelle su cui resto a rimuginare fino a stroncare il mio avversario di vecchiaia.
Lei non ha la minima fretta, però si vede che sta aspettando il mio racconto, prima ancora della mia mossa. Come se fosse impossibile non farla precedere da una storia.
Così penso a qualcosa da dire, tanto per prender tempo e non annoiarla troppo, mentre medito su come aprire la partita.
Guardo uno dei pedoni. Uno di quelli in posizione centrale. Quello davanti la Regina.

"Prima ancora di avanzare sul lungo sentiero bicromo di caselle che mi porterà dritto al destino, alzo una volta ancora le braccine cortissime verso l’intera Nazione Nera, dietro di me.
"Voglio sentire il boato della folla, l’aria scoppiare delle urla di giubilo. Che sia il mio inno di gloria mentre vado ad affrontar la sorte in singolar tenzone.
"Giovani nobildonne piacenti si affacciano dalle Torri ai lati del campo base. Ognuna mi dedica una frase d’amore, finendo per sovrapporle in un unico sospiro e svolazzo di fazzoletti intrisi di pianto.
"Ma io no, io non posso illuderle sul mio ritorno.
"I cavalieri incedono con la loro andatura storta, facendo il possibile per non travolgere la massa di pedine in festa. I destrieri, resi folli dai fuochi artificiali, dalle bandiere e dal vociare incessante, si impennano e agitano le zampe anteriori.
"I Pontefici Alfieri mi fanno inginocchiare e si preparano a impartire la propria benedizione. Per quanto sia stato terribile lo scisma (sulla possibilità o meno che i pedoni si reincarnino in altri pezzi, alla fine del loro percorso spirituale) ora i dissapori sono messi da parte. Sarà la vittoria a dimostrare che la nostra fede aveva ragione. Qualunque essa sia.

"Il Re immobilizzato da una spaventosa malattia che ne ha minato il corpo ma non la tempra, fa un cenno col capo. Ha fiducia in me, anche se i miei natali sono intagliati nel legno più povero.

"Ma è la sfuggente Regina a stringere il mio animo in una morsa. La Regina, che sembra sempre essere così lontana, così vicina, sempre in ogni posto e mai in nessuno. In ogni mossa, nel mio cuore. Quando la Regina alza delicatamente la mano per salutami, io – un umile pedone – non posso fare a meno di chinare la testa e dire ad alta voce che a lei, e solo a lei dedicherò la mia vittoria"

Muovo il pedone avanti di qualche altra casella.
La vedo aggrottare le sopracciglia, incredula. "Un pedone coraggioso. E narciso come pochi"
Ha la fronte corrugata, mentre lo guarda. Poi di nuovo fissa me. "Credi che saprà mantenere questo coraggio fino alla fine?"
"Non so. Magari è solo esibizionismo. Proviamo a vedere"

Così, senza metterci d'accordo, decido che terrò fede alla mia storia. Muovo solo quel pedone, mai nessun altro pezzo.
Lei li sposta tutti. Mi tiene il pedone costantemente sotto scacco, manco fosse lui il Re. Anzi, del Re se ne frega bellamente. Mi fa capire che potrebbe uccidermi in ogni momento, che la scelta di muovere da solo guerra ai Bianchi è stata la più avventata e sciagurata che mai potessi fare, accidenti a me e ai miei ideali romantici di ribellione.
Eppure non mangia mai.
Anzi, mi apre la strada verso il suo Re. E io non ho tempo di essere incredulo o di capire quale sia il suo gioco. Ho troppe energie da risparmiare per sfuggire agli arcieri sulle Torri, ai cavalieri che mi danno la caccia e agli alfieri con cui è meglio nemmeno incrociare lo sguardo.

Finisce che siamo io e la Regina, uno davanti all'altro. Il Re dietro di lei.
"Da solo, con un pedone, non potrai mai fare scacco matto. Ecco perchè i rivoluzionari solitari durano poco. Fanno clamore e diventano dei simboli, ma non concludono", dice lei.
"Ma almeno non sono pedine come tutte le altre".

Mette via la scacchiera.
E poi fa il miglior sorriso mai visto sul volto di qualcuno. "Benvenuto tra noi", mi dice.
Mentre le stringo la mano (una mano forte, con le unghia non troppo lunghe... una mano pratica, mi verrebbe da dire), glielo chiedo.
"Come ti chiami?"

Ma forse lo so già. Certo, è impossibile che lo sappia già. Eppure, quando si presenta, niente può evitarmi un attimo in cui mi sento il cuore impastato allo stomaco.

"Puoi chiamarmi Regina", dice.

6 commenti:

Eraserhead ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Eraserhead ha detto...

M'intriga.
Ad una lettura più approfondita ne conseguirà un commento più esaustivo ;).

Tiziano De Martino ha detto...

Mi piace l'idea di un blog a puntate (o Capitoli) l'ho fatto anche io tempo fa per proporre un mio racconto e mi piace anche come scrivi. Per questi due motivi ed anche perchè sono curioso di capire cosa verrà fuori ti ho linkato nel mio blog! se hai tempo ogni tanto buttaci un'occhio ciao e bravo.

Tiziano De Martino ha detto...

Grazie per esser passato "dalle mie parti"...ho letto e ti ho risposto sul mio blog ribadendoni i miei complimenti in attesa di Capitolo quattro...

P.S. mi piace Regina!

Spiridion ha detto...

devo dire che il racconto è interessante..stai incastrando anche me!

Cristiano Brignola ha detto...

@tiz

grazie mille! molto molto lusinghiero ^___^
giro i complimenti anche a Regina, le faranno piacere ;)

@Spiridion & EraserHead

grazie a entrambi... spero di intrigarvi pure con i capitoli dopo!