giovedì 3 luglio 2008

Capitolo cinque. Qasatarafalaca

Photobucket

"Dove vorresti fare il Rito di Babele?", mi chiede Regina, qualche giorno dopo.
"Su un treno in corsa, di notte. Diciamo che il notturno delle dodici e mezza Bologna-Rimini andrebbe benissimo"
Ci pensa un po'. "Come mai proprio un treno?"
Mi stringo nelle spalle e cerco di trovare una motivazione intelligente. Mi piaceva e basta.
"Beh... non c'è mai nessuno e alcuni vagoni restano praticamente vuoti. Se non passa un controllore, possiamo fare quello che ci pare"
"Potrebbero passarne", obbietta.
"Maddai, a quell'ora? Ok, non è impossibile... ma a me sarà capitata una, due volte"
Non è molto convinta.
"E poi - insisto - sei tu ad avermi fatto una testa così, a dirmi che il significato del rituale è la mutevolezza, la varietà, il cambiamento e tutto il resto. Se ci pensi non c'è luogo migliore, per farlo, di uno che non sta mai fermo nello stesso punto"
"Perfetto. Adesso è un discorso sensato", sorride lei.

Perché - mi spiega poi Regina, mentre la partenza del treno inizia a farmi scorrere di lato il mondo - quella della Torre di Babele non è stata una maledizione. E' stato un desiderio esaudito, quello di raggiungere Dio.
Immaginatevi tutta questa gente che ha sempre detto mamma, papà, amore, paura allo stesso modo. Usando le stesse parole. Con gli stessi suoni, prodotti dalle stesse vibrazioni delle corde vocali. Immaginatevi quest'armonia forzata, di chi non può nemmeno concepire il concetto di differenza, perchè c'è un'unica, identica maniera di chiamarlo.
Salgono. Salgono. Salgono ancora, sempre più vicini alle nuvole. E un mattone dopo un altro, via via che ogni piano della Torre viene completato, alcuni pronunciano la parola soddisfazione riempiendosene la bocca, altri con un sussurro più sottile, come se capissero quanto possa essere fragile. Altri ancora con uno sbuffo sarcastico.
Finchè non ci sono operai per cui la soddisfazione è un groviglio di lettere irragiungibile, mentre per altri è una parola fluida, da lasciarsi scivolare fuori dalle labbra con piacere.

Pian piano, ognuno ha un nome diverso per la stessa cosa. E per ogni nome c'è tutta la storia passata e futura di chi lo pronuncia e dei suoi discendenti.

Mentre il notturno Bologna-Rimini scivola via dalla stazione, Regina mi racconta che il Rito di Babele è la più vecchia forma di iniziazione per ogni Narratore. Ci si concentra, si buttano su un foglio sillabe a caso, a cui siamo noi a dare un senso. Si scrive tutto ciò che passa per la testa, nella lingua o non-lingua che si vuole. Si cerca un significato e quel significato, allora, non può che essere vero e importante. Tutto significa potenzialmente tutto.
"Si racconta che facesse così anche la Pizia di Delfi, quando veniva posseduta da Apollo. Ed è il senso dei vecchi abracadabra delle favole o del dono delle lingue della Pentecoste. Fino ai Dadaisti o ad Antonin Artaud, che cercarono di esportare il Rituale di Babele alle masse", mi racconta lei.

Io ho un lettore e un CD con un solo mp3 in memoria, un pezzo dei Post Contemporary Corporation, per concentrarmi. E un portatile con poca batteria. Se regge il tempo necessario... stavo per dire: se regge il tempo necessario, mi convincerò che dietro tutti questi discorsi c'è qualcosa di vero. Non fosse che ci credo già, inutile prendersi in giro.
Comincerò a scrivere. Regina mi consiglia di buttar giù qualche riga normalmente, come se non ci fosse nessun rituale in ballo. Le prime... come si chiamano, glossolalie? verranno fuori per conto loro. I primi deliri anche. E poi nemmeno me ne renderò conto, che non riuscirò più a parlare normalmente.

Tutta una questione di focalizzare, dice.

Qualunque cosa verrà fuori, la copia-incollerò qua sopra.

aggiornamento.
sono qui che comincio. Fuori è un buio pesto e io so, come non saprei dire, che è l’ultima volta e la prima (forse) che faccio una roba simile. Relax. Non so quando farà effetto. Mastico parole ruminante ruminante ruminante parata di danze, prosciugare, karma. Regina mi ha detto di buttarle giù così senza nulla sissignore venga ya! Como un perro! Cron. Non credevo andasse giù così velocemente. È bene? È male? Penso troppo. Salma d’host rotare est en particuler. Vecia panacia. Penso di cancellare paroole che mi sembrano troppo hic sunt leones ridicole , qualcosa deks Troy mi fa sentire baden powell nam ohm uuh nam kyo tau uhh troppo ridicolo a mia volta ma forse devo aider gun cancello riscrivo non va bene? O forse sìmadabbrrr regina ha detto tutto ciò che voglio. Che voglio e non voglio. Protodio in forma di vitello. Drevnom djcym sdldhexj akidoddfn sksjdkdjjsjjsddsi skkkdkicibx… va e viene come un singhiozzo, ogni tanto si spegne e le dkisjdifhhnm,x,.ò pp jjs sodnc sjz psp cslsof skkdesjyln desjytln djsytnziome amoes amods shkasciya dkmascjua sjnascjya track via catene via gelo via juggernaut hanuman.

Questo è quello che ne è uscito. Carino, eh? Ora sono parecchio stanco e non credo che riuscirei comunque a trovarci un senso. Nei prossimi giorni chiederò a Regina o ad Eco di darmi una mano. Da solo, mi sembra nè più nè meno che una serie di vaccate.
Però.
Però l'ultima parola, ci crediate o no, l'ho digitata ad occhi chiusi. Come quelle sopra, poco prima di track (penultima riga). Volevo chiudere in bellezza. Solo che, invece dell'accozzaglia consonantica che vedete su, è venuto fuori questo nome. Senza uno sbaffo, senza un errore o una lettera fuori posto. Quando l'ho digitato le dita sulla tastiera sono scivolate d'istinto, trovando i tasti da soli.
Beh, a pensarci non è così strano. C'era un periodo in cui scrivevo davvero tanto di lui. Probabile che battere hanuman sui tasti mi venga abbastanza automatico.

Hanuman era il nome di un vecchio personaggio dei miei racconti. E anche di un dio scimmia hindu.

In qualunque modo stiano le cose, ho deciso che sarà questo il mio nome tra i Narratori Criminali.

4 commenti:

Tiziano De Martino ha detto...

Bello! il commento musicale è azzeccato e calza con le parole. Iniziano a farsi luce dei dettagli ed in fondo alla strada si cominciano a vedere delle luci, deboli, ma ci sono. Non so praticamente nulla dei narratori criminali, ma il tuo stile mi piace ed incuriosisce. Poi mi dovrai dire cosa significano i titoli dei capitoli (se vuoi) e vorrei sapere se la storia completa l'hai già scritta o la stai scrivendo passo passo (ovviamente sempre se vuoi dirlo) ciao a presto.

Cristiano Brignola ha detto...

Non preoccuparti... al momento credo che quasi nessun "esterno" sappia chi o cosa sono i narratori. Ma preferisco andare un po' alla volta, piuttosto che ricorrere subito a grosse spiegazioni.
Per i titoli tengo ancora un po' di riservo, mentre ti posso dire che la storia è scritta passo passo.

Stammi bene!

Raven ha detto...

Ricordo come ieri il mio primo rituale di Babele.
Era il concerto di Valpurga del 197x, a Ingolstadt - quello che ai tempi chiamammo affettuosamente "Woodstock 2".
Poco prima del concerto dell'American Medical Association presi una vecchia macchina da scrivere e un foglio strappato dal mio primo quaderno di scuola.

Con me c'erano tre ragazzi del posto (Anna, Dirk e Otto); un paio di americani (Kevin e Marjorie) e due ragazzi francesi che non ho ancora capito se fossero fidanzati, fratelli o che altro (Larry e Margo).

Il responso del rituale fu un oracolo:

OTTO AMA ANNA
ANNA AMA OTTO

I due scoprirono di essere innamorati reciprocamente da diverse settimane, ma non avevano mai trovato il coraggio di esternare i loro sentimenti.

Poi accadde quello che sapete, e persi di vista i due novelli innamorati (oltre che Kevin e Margo).

Non li ho più rivisti, da allora.
Ma ricordo ancora l'espressione che assunsero quando lessero quello che era uscito dalla macchina da scrivere.

Fabrizio ha detto...

Darth Hanuman...

Fab