lunedì 28 luglio 2008

Capitolo nove. Qasataravanagaza

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Regina si toglie i sandali e appoggia i piedi nudi sul sedile davanti a sé.

"E' da quando ho finito l'università che non viaggiavo così tanto in treno", le dico. Non è che mi dispiaccia. Alla fine, per uno che le auto non sa nemmeno come farle partire e ha visto troppe puntate di Lost per sentirsi a suo agio durante un decollo, il vecchio cavallo di ferro è la soluzione più amichevole. E poi come fa a non sembrarti rassicurante un coso che fa ciuf-ciuf?


La mia compagna di viaggio non trasuda esattamente sicurezza, però. La vedo lanciare un'occhiata di sfuggita ai posti di fianco. Sembra preoccupata, per un momento. Poi, la sua espressione torna la stessa di sempre: curiosa ed entusiasta come una bambina dei fumetti.
"E' il posto migliore per raccogliere storie, il treno. Entra chiunque e dentro ti ci puoi spostare come vuoi"


Due mormoni vengono a sedere a un paio di poltroncine dietro di noi. Li riconosci subito: camicia bianca, bibbia nel taschino, pantaloni scuri, cravatta improbabile.
"C'è stato un periodo in cui sembravano esser dappertutto, sparsi come spore aliene per l'Emilia Romagna. Ti fermavano sempre in due e, ogni volta, almeno uno dei due si chiamava Fratello John"
Regina scuote la testa, sogghignando. "Fratello John... come mai si chiamavano tutti così, per te?"
"Bah, John è un nome diffuso in America. E loro non sono americani o qualcosa del genere?"
"Altrimenti?", mi chiede con lo stesso tono che ha usato prima del Rituale di Babele. Quella di quando scarta la soluzione più ovvia e razionale per sentirsene raccontare una completamente folle. La mia pretesa preferita.
"Altrimenti c'è un Fratello John originale, che usano come stampo. Lo tengono segregato nelle segrete di Mormoland e lo clonano a ripetizione"
Regina annuisce convinta, con il sogghigno che è diventato un sorriso deliziato. "Sì! Oppure... oppure aspetta, magari invece Fratello John è una carica onorifica segreta, tramandata di padre in figlio, o solo ai più degni..."
Ce la sghignazziamo sotto gli occhi un po' basiti dei Mormoni, che non hanno ben capito cosa stiamo dicendo, ma ci fissano con la consapevolezza istintiva che non ridiamo con loro, ma di loro.

"Il fatto è - riprende Regina, un po' più seria - che davvero potrebbe essere così. Ogni storia è vera, se la racconti in modo che abbastanza gente, insieme a te, creda che lo sia"
"Immagino che per vera tu non intenda un semplice più convincente, giusto?"
"No, intendo proprio vera. Se una buona fetta di persone nel mondo fosse intensamente convinta che Fratello John sia un clone, Fratello John sarebbe davvero un clone"
"Vuoi dire che lo diventerebbe?"
"No, che lo sarebbe sempre stato. La sua vita verrebbe riscritta da capo a piedi. Il nostro potere, il potere di cambiare il mondo con le storie, si basa tutto su questo"

Ci fermiamo. La voce degli altoparlanti trascica in perfetta inflessione romagnola il nome della stazione. Castel Bolognese, stazione di Caaaastel Bolognese. Qualcuno, sulla banchina, guarda il treno con aria spaesata. Un odore insostenibile di merda nell'aria.

"Sì, però non è così che vanno le cose. Fosse così, il mondo verrebbe... com'è che hai detto? riscritto in ogni momento"

Me ne pento cinque secondi dopo, di averglielo detto. Di nuovo, la vedo far scattare lo sguardo in ogni direzione possibile, schiacciandosi contro il sedile. Le gambe, tese sulla poltroncina davanti si irrigidiscono e si tendono, neanche fossero percorse da una scossa improvvisa.
Sembra spaventata, e più si sforza di non darlo a vedere, più riesce benissimo a farti cagare addosso. Nel clima di paranoia in cui sprofondiamo di colpo, sembra impossibile vederci ridere fino a pochi attimi fa. Adesso l'atmosfera è puro MIO DIO CI STANNO SEGUENDO... che è piacevole solo quando la vedi in un film o te la raccontano, davvero.

"Di questo ne parliamo un'altra volta", taglia corto Regina
"Senti, non possiamo parlarne adesso, invece?"
Scuote la testa. "No, non posso. Devi renderti conto che da quando sei... sei uno di noi, sei anche diventato un bersaglio visibile per alcune persone. E qui c'è troppa gente, per non essere sicura che qualcuno di loro non sia in incognito"


La troppa gente si riassume in noi due, i mormoni, un rom addormentato e un ragazzo che legge una puntata di Dampyr.
"Maddai"
Mi alzo, mi vado a mettere vicino ai mormoni. Regina mi guarda, senza la minima idea di cosa sto facendo. Nemmeno io lo so. Di colpo mi sento euforico e fuori come un culo. Sento qualcosa dentro di me che vuole solamente divertirsi, ridere a zanne snudate, e che mi suggerisce idee abbastanza strane per farlo. Sono dannatamente su di giri e so che c'é un modo, un ottimo modo, per vedere se Regina ha ragione sul potere delle storie.

"Ehilà, ma voi siete mormoni!"

Mi guardano come se fossi completamente ubriaco. Uno nemmeno mi risponde. L'altro mi studia attentamente e annuisce. Regina continua a fissarmi, piantando le unghie nel bracciolo della poltroncina e, tuttavia, restando lì seduta dov'é.

"Come vi chiamate?"
"Fratello Greg", bonfonchia quello dei due che non mi ha risposto prima.
"Fratello John", dice l'altro. Mi volto verso Regina con un ghigno grande come una casa e, per quanto la veda ancora tesa, anche lei sbotta in una risata involontaria.
Fratello John è basso e minuto, i capelli biondo cenere tagliati a spazzola e la cravatta azzurro chiaro. Qualcosa in lui mi ricorda un cosplayer riuscito male di Michael J. Fox, in uno di quei film sugli yuppie. Di Fratello Greg, lascio che l'immagine mi scivoli addosso senza prendermi la briga di ricordarla. A pelle mi sta abbastanza in culo.
E' comprensibile, la diffidenza non si allenta nemmeno di un po'. Abituati come sono a fermare per strada la gente e farsi dire non ho tempo in tutte le lingue del mondo, Klingon compresa, il fatto che arrivi qualcuno in vena di attaccare bottone non è molto credibile.
"Tu... ehm, come ti chiami?", chiede Fratello John. Fratello Greg è disgustato. Io, invece mi chiedo se questa storia di raccontare storie e farle avverare, funzioni anche se non è tutto il mondo a crederci, ma solo un paio di persone con grande intensità.
Sto per scoprirlo.

"Io ho molti nomi", dico con un tono drammatico.

"Eh?", fa Fratello John, sbattendo gli occhi. Anche Greg sembra destarsi dal suo stato di odio apatico nei miei confronti.
Mi lancio in un sorriso che dovrebbe suonare misterioso. Non so quanto sono convincente. Semplicemente non ci penso, lascio che mi riesca naturale sorridere in quel modo.
"Andiamo. Mi conosci bene. Qualche volta ti avranno parlato di me, altrimenti mi sentirei deluso. Il ribelle della famiglia..."
"Scusi, non capisco"
"Sai benissimo cosa sto dicendo, Johnny"

Sono lanciato di brutto. Ora, una piccola parte di me sa fin troppo bene che mi sto rendendo ridicolo. Un'altra, semplicemente, non pensa. Sa che alla fine non è così impossibile.

"Strano sì, ma non impossibile. Oh, certo... dubito anche io che a catechismo ti abbiano mai messo in guardia dalla possibilità di trovarmi su un treno per Ancona"
Greg sussurra a John qualcosa in inglese, ridendo e guardandomi come l'attrazione del pomeriggio. Anche John, per carità, ma c'è un riflesso differente nei suoi occhi. L'ombra di una possibilità, quella che sussurra un perché no flebile finché vuoi, ma esistente.
Mi ci aggrappo con tutte le mie forze.

"Noi ci conosciamo già, Johnny. Sono lì con te quando senti un po' troppo silenzio alle tue preghiere. Quando lei ti ha lasciato e non riuscivi a trovarne una ragione. Quando tutto è andato secondo la volontà del Signore, e non l'hai trovato giusto. E se non senti puzza di zolfo o mi vedi con le zampe da capra, è solo perché..."

"Mi scusi, signore".
Alzo lo sguardo. Il controllore, sopra di me, toglie ogni credibilità alla scena.

Rovisto in una tasca e gli allungo il biglietto, cercando nel frattempo di scrollarmi una sensazione sgradevole di dosso, un cocktail di vergogna e qualcos'altro di più denso ma meno definibile. Fratello John si scuote. Evitiamo di fissarci, ci censuriamo a vicenda. Nessuno dei due dice nulla all'altro, e io me ne torno semplicemente al mio posto, davanti Regina.

"Sei un idiota", dice lei.
"Volevo vedere che succedeva, tutto qua"
"Cosa volevi che succedesse? Che alle tue storie ci creda una sola persona, non conta così tanto"
Mi sporgo verso di lei e il mio sorriso è lo stesso che il Diavolo ha rivolto a Fratello John. "Sei sicura che sia tutta una questione di numeri?"
Abbassa lo sguardo, ma non lo stacca mai del tutto dai miei occhi. Credo che, semplicemente, sia abituata a non distoglierlo mai. "Cos'hai sentito, mentre lo facevi?"
"Bah, niente di che"
"Niente niente?", fa lei, con una punta di delusione.

Non è vero. O forse lo é. Dipende da quanti significati sono disposto a dare alla parola suggestione: c'è stato un gran sollievo quando mi hanno interrotto, questo sì. Perché la sensazione che ho avuto, per niente bella, per un istante era quella di...

"... non riuscire a fermarmi. Che, anche se era un gioco, l'unica era andare fino in fondo, sempre fino in fondo".

9 commenti:

Tiziano De Martino ha detto...

"Ogni storia è vera, se la racconti in modo che abbastanza gente, insieme a te, creda che lo sia"
Tempo fa ho scritto qualcosa di molto simile anche io, quindi credo davvero sia così.
Bel capitolo, belli i diagoli e l'introspezione. Mi piace.
Alla prossima. Come sempre.

Eraserhead ha detto...

Le varie puntate che metti on-line le hai già tutte da parte, oppure le scrivi di volta in volta?

Cristiano Brignola ha detto...

@Tiziano

Grazie mille! mi fa piacere vengano apprezzati i dialoghi. Renderli è sempre un po' difficile ^__^

@Eraserhead

Diciamo che ho una traccia su cui improvviso :)

Tiziano De Martino ha detto...

Non mi hai più detto se continua a piacerti il racconto online. Ho anche raddoppiato la pubblicazione settimanale...

P.S. aspetto tuoi consigli e critiche

Tiziano De Martino ha detto...

Scusa dimenticavo: tranquillo i tuoi dialoghi rendono alla grande...

Cristiano Brignola ha detto...

hai ragione! rimediato e commentato sul blog del romanzo!

Eraserhead ha detto...

Ma quindi sai già come andrà a finire, cioè ti sei messo dei paletti (tracce) ben precisi, oppure "scrivi alla giornata", per così dire?
Perdonami ma questi dettagli tecnici mi interessano molto :)

Cristiano Brignola ha detto...

@eraserhead

tranquillo, nei limiti del possibile, mi piace rispondere :)
Praticamente sì, ho in mente come finirà e grossomodo il finale c'è già. Ho in mente un paio di punti in mezzo ma tutto il resto, diciamo il percorso del viaggio, è pura improvvisazione.

Unknown ha detto...

ciao! quando continui??? qua si conincia già a soffrire di carenze... ^___^